Allergologia Molecolare

L’ALLERGOLOGIA MOLECOLARE

Sono Allergologo dall’ormai lontano 1987. Ritengo di averne ormai viste di cotte e di crude (il che, detto da uno che si interessa di allergia ad alimenti, non è poco). All’epoca, per studiare un allergico, avevamo a disposizione solo tre armi: i test cutanei (i cosiddetti prick test), la determinazione sul sangue delle IgE totali (PRIST) e delle IgE specifiche (RAST). Era stato scoperto infatti che la condizione di allergico era subordinata alla produzione di anticorpi della serie E (IgE) diretti contro un allergene (che poteva essere l’acaro della polvere piuttosto che il polline di una graminacea o il latte, e così via). Sapevamo che le IgE, una volta prodotte, potevano far liberare dai mastociti sostanze pro-infiammatorie. La comparsa dell’infiammazione portava a sua volta allo sviluppo dei sintomi ( ad esempio, asma,  rinite). Con le prove cutanee, i prick test, cercavamo la dimostrazione di una possibile presenza sulla cute di IgE specifiche per un qualche allergene. In caso di dubbio ci rivolgevamo al PRIST e RAST per determinare con più precisione, se possibile, la condizione del paziente. Da lì partivamo per prescrivere le nostre terapie e gli eventuali vaccini, che dovevano “insegnare” all’organismo a modificare la produzione di IgE inducendo una “tolleranza” all’allergene.

Tutto qua? Siamo sinceri, sì. Insomma, per molto tempo, nonostante il progredire delle acquisizioni scientifiche e teoriche, noi Allergologi abbiamo potuto fare solo questo, forse poco di più. Una situazione frustrante. Quante volte mi sono sentito dire, con malcelata sufficienza, che in fondo giocavo solo con delle goccioline sulle braccia dei pazienti. E così mentre le altre branche della Medicina decollavano con acquisizioni tecniche sempre più impattanti, noi allergologi rimanevamo, di fatto, nella solita condizione.  

Poi, la luce.

Il progredire delle acquisizioni scientifiche e teoriche

Già da tempo sapevamo che in quei famosi estratti che testavamo sulla cute con i prick test, c’erano innocenti e colpevoli, proteine cioè capaci di innescare nell’organismo predisposto una produzione di IgE e proteine incapaci di farlo. Mi ricordo i primi tentativi di isolare le proteine colpevoli! Poi, con il progredire delle metodiche messe a nostra disposizione siamo stati in grado di fare un identikit completo di ogni colpevole. E’ nata così l’Allergologia Molecolare. Ogni proteina è stata studiata, anzi caratterizzata: le è stato dato un nome (la molecola – ecco il perché di “Allergia Molecolare”), sono state annotate le sue caratteristiche di resistenza al calore ed alla digestione (cosa importantissima per gli allergeni alimentari), la sua struttura tridimensionale, la sua costituzione chimica e così via.

E stato così possibile raggruppare le varie proteine in famiglie omogenee per caratteristiche biologiche e fisico chimiche. E lì sono nate le prime sorprese. Infatti, studiando queste famiglie di proteine, si è arrivato a capire il perché delle reazioni crociate tra alimenti e tra alimenti e pollini. Ad esempio, noi Allergologi sapevamo che alcuni pazienti allergici all’acaro della polvere presentavano reazioni mangiando … lumache e, a volte, i gamberetti. Per lungo tempo questa è stata una conoscenza astratta e potevamo solo consigliare ai malcapitati di non mangiare le lumache. Poi l’Allergologia Molecolare ci ha illuminato. Una delle proteine dell’acaro della polvere (in allergologia Molecolare battezzata Der P 10) appartiene alla famiglia delle tropomiosine (una proteina muscolare) molto, molto simile alle tropomiosine delle lumache. E questo dava una spiegazione esauriente al curioso fenomeno osservato: si poteva avere una reazione allergica da esposizione ad acari e da consumo di lumache per allergia alla stessa proteina.  

La betulla è un prototipo di allergia crociata

Alla fine, è stato possibile identificare le famiglie di proteine cross reattive: dalle più cattive (LPT e Storage Proteins, resistenti a cottura e digestione) alle meno cattive (PR 10 e Profilline, facilmente degradabili al calore e alla digestione), passando per cattiverie intermedie (CBP)!

Una curiosità: perché noi Allergologi testiamo sempre l’estratto del polline di betulla nei prick test? Pensateci bene. Quanti di voi hanno visto delle betulle nel centro sud Italia? Ebbene, la betulla è un prototipo di allergia crociata, in quanto le sue principali proteine appartengono alla famiglia delle CBP (Bet V3), delle Profilline (Bet V 2), e dei PR10 (Bet V 1): queste hanno elevate analogie per le stesse famiglie proteiche presenti nel polline di altri alberi. Quindi trovare nei prick test positività multiple ad estratti di pollini di alberi e, soprattutto, di betulla, equivale a parlare di reattività crociate. Bet V 1 e Bet V 2 sono inoltre molto simili alle omologhe proteine della mela e questo spiega perché in Svezia molti allergici alla betulla sviluppano una sindrome orale allergica mangiando la mela.

Consideriamo invece un paziente risultato allergico al prick test per una graminacea, la coda di topo. Se studiandolo con l’allergologia molecolare trovassimo una positività al Phl P 1, che è una proteina “genuina” (cioè non in comune con altri pollini), potremmo prescrivere un vaccino. Se trovassimo una positività al Phl P 12 (che è un PR 10 correlato ai PR 10 di altri pollini) non sarebbe indicato prescrivere il vaccino: sarebbe uno spreco di tempo e soldi per il paziente!

Parliamo ora della frutta. Le rosacee sono una famiglia di piante che producono frutti con molti allergeni in comune. Mele, pere, pesche, prugne, mandorle, lamponi, mirtilli (le rosacee che non cito è perché non mi piacciono) contengono LPT, PR 10 e Profilline. Chi è allergico a un LPT della pesca (Pru P 3) o della mela (Mal D 3), sarà meglio che non mangi questi frutti neanche se ben cotti (es. marmellate). Chi è allergico ad un PR 10 (Pru P 1, Mal D 1), invece, al massimo potrà rischiare una sindrome orale allergica (infiammazione in bocca) ma potrà mangiare tranquillamente la marmellata (i golosi ne saranno contenti).

Sulla base delle conoscenze fisico chimiche delle singole proteine abbiamo poi ricavato una mole di informazioni su uova e latte, alimenti a volte responsabili di reazioni anche gravi nei più piccoli. L’allergico alla caseina (Bos D 8), ad esempio, non dovrebbe assumere il latte neanche se bollito, l’allergico alla alfalattalbumina (Bos D 4) dovrebbe evitare solo il latte crudo. L’allergico all’ovomucoide (Gal D 1, presente nell’albume)  dovrebbe evitare le uova anche se ben cotte, mentre l’allergico all’ovoalbumina (Gal D 2) potrebbe mangiare muffin e ciambelloni in quanto l’alta temperatura di cottura e la presenza del grano (che va a “mascherare” le proteine dell’uovo)  ne consentirebbero il consumo.

Banche dati contenenti tutte le informazioni possibili su ogni singola proteina

Per farla breve, sono state create delle banche dati contenenti tutte le informazioni possibili su ogni singola proteina – molecola.

A questo punto si è posto un problema: non potendo sottoporre il paziente ad un’indagine estesa ad ogni proteina studiata, pur scremando il campo con i prick test, come ottenere le informazioni pratiche necessarie per prendere le decisioni terapeutiche e dare i giusti consigli? Sono così nati i test multiplex: piastre contenenti decine di pozzetti e in ogni pozzetto una ben precisa molecola proteica. Ovviamente sono state scelte, sulla base di conoscenze pratiche e statistiche, le principali proteine- molecole di allergeni inalanti e alimentari. I pozzetti vengono cimentati con un po’ di sangue (poche gocce bastano per coprirli) e poi la macchina legge la presenza di IgE specifiche per quella proteina – molecola. Un sistema pratico, economico, semplice, standardizzato, sicuro. Attualmente si possono leggere contemporaneamente fino a 300 pozzetti, dando quindi la fotografia esatta della reattività del paziente a circa 300 proteine – molecole. Ovviamente l’allergologo potrà sempre, in caso di pochi dubbi, limitare il suo approfondimento chiedendo un test  solo per poche molecole (es: Phl P 1 e Phl P 12 in caso di positività al prick test per l’estratto di graminacee).

Qual è la conclusione?

Alla fine di questa sommaria carrellata, con grande soddisfazione penso di poter affermare che l’Allergologo è uscito dalla notte in cui tutti i gatti sono neri per entrare nel favoloso mondo delle differenze feline ( a patto di non essere allergici al Fel D 1)!